Unione Petrolifera, previsioni 2019: surplus offerta con un barile tra i 65 e i 75 dollari

Unione Petrolifera, previsioni 2019: surplus offerta con un barile tra i 65 e i 75 dollari

L’Unione Petrolifera ha reso disponibile il preconsuntivo petrolifero 2018 con un interessante approfondimento dello scenario internazionale dal quale emerge come l’anno prossimo avremo un surplus di offerta di greggio e un prezzo compreso tra i 65/75 dollari al barile.

La domanda mondiale di petrolio “si stima intorno ai 99,2 milioni b/g, con un aumento di 1,3 milioni rispetto al 2017, di poco inferiore alla crescita registrata nel 2017 (+1,5 milioni) e alle previsioni di inizio 2018 (+1,4 milioni). Determinante il contributo della Cina e degli altri Paesi asiatici che insieme, con circa 27 milioni b/g (+3,5% vs 2017), hanno rappresentato oltre il 52% del totale non-Ocse. Deciso progresso per Stati Uniti e Canada (+1,8% vs 2017) che hanno coperto quasi per intero l’incremento registrato nei Paesi Ocse. Stabile l’Europa che ha confermato i 14,3 milioni b/g dello scorso anno (intorno il 30% del totale Ocse), interrompendo cosଠla fase di crescita iniziata nel 2014. A livello mondiale il petrolio si conferma la prima fonte di energia con una quota del 32%, seguita dal carbone con il 27% e dal gas con il 22%. Nel settore dei trasporti (merci e persone) il peso dei prodotti petroliferi è attualmente intorno al 92%.

Nel 2018 la produzione mondiale di petrolio dovrebbe chiudere con una media di 99,8 milioni b/g, pari ad un progresso di 2,3 milioni b/g (+2,4%) rispetto al 2017, dopo aver superato i 101 milioni nel mese di agosto. Con un volume totale di 15,4 milioni b/g, quasi l’equivalente della produzione di Arabia Saudita, Iraq ed Ecuador messi assieme, gli Stati Uniti hanno registrato un vero e proprio record storico, coprendo quasi per intero l’incremento della produzione totale. In soli otto anni, con lo sviluppo dello shale oil gli Usa hanno praticamente raddoppiato i loro volumi (+97%), a fronte del +11,5% della Russia e del +11,3% dei Paesi Opec. La produzione Opec è invece rimasta sostanzialmente invariata (in diminuzione di 30.000 b/g rispetto al 2017). I Paesi Opec, nel loro complesso, nel 2018 hanno confermato gli impegni del 2017, compensando dal 1° luglio il crollo della produzione venezuelana con maggiori estrazioni da parte degli altri Paesi membri, per circa 1 milione b/g.

Ciò, insieme al boom produttivo degli Stati Uniti e al contestuale rallentamento della crescita della domanda rispetto alle previsioni di inizio anno, ha posto le condizioni per un inatteso aumento delle scorte che nel terzo trimestre dell’anno hanno toccato i 900.000 barili/giorno, riportando il mercato mondiale di petrolio in una situazione di evidente surplus. Riuniti a Vienna lo scorso 7 dicembre, i Paesi aderenti all’Opec Plus hanno pertanto raggiunto un accordo per un taglio della produzione di 1,2 milioni b/g dal prossimo 1° gennaio, per sei mesi. Dall’accordo sono escluse Libia, Venezuela e Iran.

I prezzi del petrolio (Brent) nel 2018 hanno quotato in media circa 72 dollari/barile, in progresso del 33% rispetto allo scorso anno, spinti dalle aspettative dei mercati, alimentate dalle tensioni geopolitiche. Particolare forza hanno mostrato nel terzo trimestre dell’anno quando il Brent ha raggiunto gli 86 dollari/barile, sulla scia dell’annuncio dell’Amministrazione americana di voler imporre nuove sanzioni all’Iran e del "caso Khashoggi". Prezzi che si sono poi notevolmente ridimensionati all’indomani dell’entrata in vigore delle sanzioni, date le esenzioni concesse dagli Usa a otto Paesi, tra cui l’Italia, che insieme raccolgono circa 1’80% delle esportazioni iraniane. Per quanto riguarda il 2019, stando alle stime di maggiore consensus, in media non ci si dovrebbe allontanare troppo da quella 2018 e comunque all’interno della forchetta 65-75 dollari/barile.