
05 Dic Istat, migliora l’efficienza energetica delle imprese, -3,1% all’anno dell’intensità energetica delle attività economiche
Sul finire di novembre l’Istat ha reso disponibili i dati sull’impiego di energia nell’economia italiana per gli anni che vanno dal 1990 al 2015 distinti per tipo di impiego e tipo di prodotto; dati che vengono utilizzati anche per determinare le “imposte ambientali”.
L’argomento è stato approfondito da Confartigianato che evidenzia come gli impieghi di energia delle attività economiche abbiano registrato una crescita costante fino al 2007, anno dal quale il trend si è invertito.
“Alla riduzione del consumo di energia dell’economia si sovrappongono gli effetti di due cicli recessivi ravvicinati (2008-09 e 2012-13) e i processi di efficientamento energetico delle imprese: nel 2015 il livello degli impieghi è del 27,5% inferiore a quello del 2007 e a fronte di un calo del 6,8% del valore aggiunto a prezzi costanti, negli otto anni in esame l’intensità energetica delle attività economiche si riduce del 22,2%, al ritmo del 3,1% all’anno.
L’analisi della distribuzione degli impieghi per tipo di prodotto evidenzia che il 58,2% degli impeghi delle attività economiche è in petrolio e suoi derivati, il 21,6% in materiale gassoso (gas naturale, gas di cokeria, gas di raffineria, gas di officina, gas manifatturato, sottoprodotti), l’11,6% in energia elettrica (sia di origine fossile che di origine rinnovabile) e il rimanente 8,7% in materiali solidi (carbone, lignite, coke di cokeria, prodotti da carbone non energetici, legna da ardere, carbone da legna e rifiuti inceneriti per la produzione di elettricità e calore).
Tra il 2010 e il 2015 il calo degli impieghi energetici è diffuso per tutti i prodotti: la riduzione più accentuata si osserva per i gas (-22,9%) e petrolio e derivati (-21,4%); gli impieghi in materiale solidi si riducono del 14,5% mentre è meno accentuata (-4,9%) la riduzione per l’energia elettrica. Sulla base di questi andamenti in cinque anni la quota dell’elettricità sul totale degli impieghi sale di 1,8 punti passando dal 9,8% all’11,6%.
Infine l’analisi della domanda di energia può essere condotta per tipo di impiego. Il 92,7% dell’energia ha un impiego energetico mentre un residuo 7,3% ha un impiego non energetico, quale la trasformazione di prodotti energetici in prodotti non energetici (ad esempio la trasformazione di petrolio in plastica) e l’utilizzo di prodotti energetici per fini non energetici (sgrassaggio, lavaggio a secco, lubrificazione, ecc.).
Nell’ambito degli impieghi energetici il 45,8% avviene con combustione mentre il 46,9% è senza combustione, come per la trasformazione senza combustione di prodotti energetici in altri prodotti energetici (ad esempio la trasformazione di petrolio in benzina) e l’uso di energia elettrica per qualsiasi scopo. Tra gli impieghi energetici con combustione il 16,9% riguarda la trasformazione in energia elettrica, il 13,6% il trasporto, il 3,9% il riscaldamento; un rimanente 11,5% riguarda altri impieghi con combustione: trasformazione con combustione in prodotti energetici differenti dall’elettricità – ad esempio la trasformazione di coke da cokeria in gas d’altoforno – e utilizzo di prodotti energetici nei processi di produzione in senso stretto, escludendo riscaldamento, trasporto e trasformazione.
Nell’arco del quinquennio in esame il calo della domanda di energia delle attività economiche è più ampio per gli impieghi non energetici (-31,2%) rispetto a quelli energetici (-18,5%) e tra questi ultimi si osserva una maggiore accentuazione per il riscaldamento (-26,0%) e la trasformazione in energia elettrica (-22,3%) mentre è meno marcato il calo per il trasporto (-10,9%)”.