03 Lug In uno studio presentato da FIPER le ragioni per indirizzarsi verso il teleriscaldamento a biomassa
L’idea di fondo, presentata in occasione del convegno “Economia circolare: partiamo dall’energia” tenutosi a Roma, è che il teleriscaldamento a biomassa costituisca un intervento strutturale di primario interesse generale per il territorio e che, quindi, debba essere sempre considerato dal decisore pubblico per pianificare il rilancio delle zone rurali e montane. La valutazione di questi progetti prescinde quindi dall’esclusiva analisi energetica.
“In termini ambientali e energetici, dal campione dei 65 impianti di teleriscaldamento a biomassa analizzati dal Politecnico di Milano, risulta un risparmio di energia fossile primaria compreso tra il 60% e l’80%, un valore molto elevato rispetto all’impiego di altri combustibili fossili e non. Risparmi analoghi si registrano per l’anidride carbonica (CO2) immessa nell’atmosfera. Da questa prospettiva, il TLR a biomassa è tra le tecnologie più performanti e non ha rivali in termini di produzione di energia rinnovabile e riduzione di emissioni climalteranti. Per quanto riguarda le altre emissioni in atmosfera, lo studio si è concentrato sulla produzione di polveri sottili (PM) che hanno assunto una particolare importanza a livello nazionale. L’analisi e la gestione del PM rappresenta una tematica molto discussa proprio in relazione alla combustione della biomassa e agli impatti sulla salute degli abitanti. Le valutazioni condotte evidenziano come gli impianti in questione permettano un significativo miglioramento rispetto ai dispositivi domestici a biomassa (caldaie/stufe a legna) e risultino comunque più vantaggiosi delle caldaie a gasolio, considerati il mix tecnologico di riferimento standard per le zone montane. Per esempio, un impianto di dimensioni medie (circa 5 MW) rispetto all’utilizzo dei dispositivi domestici a biomassa consente di evitare emissioni per circa 10 tonnellate di polveri su base annua.
In particolare, lo studio ha valutato le ricadute economiche e occupazionali a livello di impatto diretto, indiretto, di indotto e fiscale. Il target “locale” selezionato per calcolare l’entità dell’impatto è formato da 13 impianti di TLR a biomassa distribuiti in quattro aree distinte ed eterogenee per tecnologia adottata, conformazione orografica, densità di popolazione, zona climatica e caratteristiche della filiera.
Dall’elaborazione dei dati economici e finanziari delle imprese della filiera bosco-legno-energia coinvolte nell’indagine, l’impatto economico monetario generato a livello locale si attesta in 50 milioni di Euro/annuo, mentre l’effetto occupazionale è di 520 Unità Lavorative Annue (ULA).
In termini di effetto moltiplicativo, ciò sta ad indicare che per ogni euro aggiuntivo fatturato dagli impianti di TLR del campione si genera un impatto complessivo sul sistema economico di circa 2,65 ‚¬. Sul fronte occupazionale invece, per ogni ULA impiegata dal TLR ne vengono attivate 15,5 lungo tutta la filiera e nelle imprese collegate.
Estendendo i risultati ottenuti su scala nazionale si ottiene che le ricadute dei impianti di TLR a biomassa esistenti corrispondono a 320 Milioni di euro/anno e di 3.300 ULA. Si è poi determinato il valore delle ricadute dei potenziali impianti di TLR a biomassa realizzabili nelle zone climatiche E ed F che risultano comprese tra 450 e 680 Milioni di euro/anno e tra 5.300-8.000 ULA a seconda dello scenario identificato.
Non meno importanza, il valore dell’impatto fiscale prodotto limitatamente alle imposte dirette risulta pari a 0,7 Milioni di euro/anno per il campione di 13 impianti analizzati, mentre a livello nazionale il valore si attesta intorno ai 4,6 Milioni di euro/anno (impianti esistenti). Si tratta di entrate quasi completamente a favore dei comuni interessati e, quindi, ancora una volta di stretto interesse locale, realizzando de facto un federalismo fiscale”.