IDROGENO VERDE: LE PROSPETTIVE ITALIANE

IDROGENO VERDE: LE PROSPETTIVE ITALIANE

Servono riflessioni su volumi, capacità e investimenti da allocare.

Secondo l’Hydrogen Innovation Report del gruppo Energy&Strategy del Politecnico di Milano servirebbero almeno altri 70 GW di rinnovabili e 15 GW di elettrolizzatori, incentivi e linee guida chiare per decarbonizzare, attraverso l’idrogeno verde, l’industria hard-to-abate e il settore dei trasporti pesanti. Nel suo intervento di introduzione al rapporto, il direttore di E&S Vittorio Chiesa ha tracciato un quadro della situazione relativa all’idrogeno in Europa. Nel 2019 – ma i dati, ha detto Chiesa, sono comparabili a quelli di oggi – la domanda di idrogeno in Europa era pari a 8,4 Mton l’anno, di cui quasi il 50% per la raffinazione, il 30% circa per l’ammoniaca e il restante per il metanolo e altri prodotti chimici. La Germania è il principale paese produttore e consumatore (20% del totale europeo in entrambi i casi), seguito da Olanda, Polonia, Spagna e Italia, che consuma il 7% dell’idrogeno europeo, pari a 0,58 Mton, di cui più del 70% utilizzato nella raffinazione. Il 70% degli impianti che producono idrogeno in Europa sono impianti “captive”, cioè direttamente legati a un utilizzatore finale in situ. La produzione complessiva europea di idrogeno è di 28,6 kton/giorno e, di questa, il 95,5% utilizza fonti fossili. Questo, ha detto Chiesa, dovrebbe spingerci a fare una riflessione, a livello di paese, su volumi, capacità e investimenti da allocare.

Inoltre, Chiesa ha individuato ulteriori ostacoli alla diffusione dell’idrogeno verde nella mancanza di una logica comunitaria cui ispirarsi per concepire una strategia nazionale e la mancanza di uno schema di supporto, che è urgente definire. In attesa della Strategia nazionale per l’idrogeno, per Chiesa è necessario “snellire gli iter autorizzativi necessari alla crescita delle rinnovabili, favorire l’installazione di nuova capacità legata agli elettrolizzatori e i progetti per applicare l’idrogeno ai settori hard-to-abate, definire le norme tecniche di sicurezza in merito a produzione, trasporto, stoccaggio e utilizzo dell’idrogeno, come previsto dal Pnrr”. Secondo lo studio agli attuali prezzi dell’anidride carbonica, che pure nei primi mesi del 2022 ha superato i 90 euro alla tonnellata, ancora non è conveniente decarbonizzare la produzione di idrogeno: nel caso dell’idrogeno blu, il costo della CO2 evitata è pari a 100 o 111 €/tonCO2, a seconda che si consideri una percentuale di cattura delle emissioni rispettivamente del 50% o 90%, mentre nel caso dell’idrogeno verde il costo della CO2 evitata arriva fino a 900 €/tonCO2. D’altronde – ha fatto notare Paolo Mutti, project director per E&S, nella sua presentazione – considerando gli alti costi del gas e, invece, la previsione di costi più bassi dell’elettricità con l’aumentare delle fonti rinnovabili, l’idrogeno verde potrebbe in futuro diventare conveniente rispetto a quello “grigio”. Mutti ha specificato che, però, con l’idrogeno da elettrolisi rimane il problema della continuità di produzione, per ovviare al quale sarebbe necessaria una grande quantità di batterie.