09 Mar Enea, nel 2020 in calo consumi, emissioni e prezzi
L’Analisi trimestrale del sistema energetico italiano diffusa da Enea mette in luce tre dati fondamentali riferiti al 2020: -10% dei consumi, -12% delle emissioni, -15% dei prezzi.
La contrazione della domanda di energia è la più elevata dal biennio 1943-44, quando l’Italia era in piena seconda guerra mondiale; nell’ultima grande crisi economica, nel 2009, i consumi si erano ridotti del 5,7%. Il 60% del calo dei consumi di energia primaria riguarda il petrolio, a causa della forte riduzione del traffico stradale e aereo.
Le emissioni di C02 sono diminuite più dei consumi di energia (12% contro 10%), poichà© il decremento ha riguardato soprattutto fonti fossili e, in particolare, quelle a maggiore intensità carbonica come petrolio e carbone.
Sul versante dei prezzi, il forte calo di quelli “delle commodity energetiche sui mercati internazionali, in particolare nella prima parte dell’anno, ha prodotto notevoli effetti sui mercati italiani dell’energia. Sulla borsa elettrica il PUN è sceso al minimo storico (38 ‚¬/MWh la media annua), nonostante la forte risalita dell’ultima parte dell’anno, ed è sceso al minimo storico anche il differenziale positivo con il prezzo all’ingrosso tedesco. Andamento simile ha avuto il prezzo del gas, ai minimi storici a metà anno, poi in rapida ripresa, ma anche qui è notevole la riduzione del differenziale tra PSV e TTF, in media d’anno ancora superiore a 1‚¬/MWh, ma a fine anno oscillante intorno allo zero.
I prezzi dell’energia per i consumatori italiani hanno presentato riduzioni generalizzate sia per le imprese sia per le famiglie (vedi grafico allegato). I prezzi dell’energia elettrica per le imprese nel 2020 sono diminuiti del 15% circa per tutte le fasce di consumo, e in media d’anno si sono collocati intorno ai valori minimi del decennio. Inoltre, secondo dati ancora parziali il calo dei prezzi in Italia sembra essere stato maggiore di quello registrato in media nel resto dell’UE, con la conseguenza che si è ridotto il differenziale positivo tra i prezzi italiani e quelli europei, anch’esso ai minimi decennali (e divenuto negativo per le imprese più grandi)”.