17 Mar Comunità Energetiche Rinnovabili: tra normativa e realtà
Comunità Energetiche Rinnovabili: tra normativa e realtà
17 aprile 2024 – RiEnergia – ambiente e risorse, punto per punto
Quando si parla di “Comunità Energetiche Rinnovabili” ci si riferisce ad un tema ampiamente discusso ma ancora in evoluzione che si inserisce, con le altre configurazioni di autoconsumo per la condivisione dell’Energia Rinnovabile, dette CACER, nel contesto dell’autoconsumo diffuso ossia la produzione e il consumo contemporaneo di energia a livello locale.
Le configurazioni di autoconsumo diffuso che hanno diritto ad accedere agli incentivi secondo il Decreto CACER, entrato in vigore a gennaio 2024, sono tre:
- Autoconsumatori a distanza: singoli clienti finali che utilizzano la rete di distribuzione per condividere energia prodotta da impianti a fonti rinnovabili, situati in aree nella loro piena disponibilità, consumandola virtualmente nei propri punti di prelievo.
- Gruppi di autoconsumatori: formati da almeno due soggetti distinti, clienti finali e/o produttori, con almeno due punti di connessione. I punti di connessione devono essere ubicati in aree afferenti al medesimo edificio o condominio, mentre gli impianti possono essere situati anche in aree nella piena disponibilità dei membri e sottese dalla medesima cabina primaria.
- Comunità Energetiche Rinnovabili (CER): sono aggregazioni di diversi soggetti come cittadini, piccole e medie imprese, enti locali, enti del terzo settore, che scelgono di dare vita ad un soggetto giuridico autonomo al fine di condividere tra i membri l’energia prodotta da uno o più impianti a fonti rinnovabili. Come per le altre configurazioni, i punti di prelievo e immissione devono trovarsi all’interno della medesima cabina primaria. Le CER mirano a generare benefici ambientali, sociali ed economici sia per i membri che per il territorio su cui essa si innesta, si sviluppa ed opera.
Il concetto su cui le CER si basano è quello dell’energia elettrica condivisa autoconsumata, ovvero l’energia prodotta dagli impianti facenti parte della CER e simultaneamente consumata dai suoi membri. Il calcolo della quota di energia condivisa viene effettuato su base oraria, e sulla scorta di questo valore alla Comunità Energetica viene riconosciuto per un periodo di vent’anni un incentivo economico che, a seconda di quanto stabilito nel regolamento interno della CER, viene poi ripartito tra i partecipanti e/o reinvestito in progetti di utilità sociale.
L’incentivo è composto da una tariffa premio, riconosciuta sull’energia condivisa autoconsumata prodotta da impianti incentivabili (entrati in esercizio dopo il 16/12/2021), a cui si aggiunge un contributo di valorizzazione (rappresentativo dei risparmi sull’utilizzo della rete elettrica legati alla condivisione di energia all’interno della medesima cabina primaria) applicato all’energia condivisa dalla totalità degli impianti aderenti alla CER, dunque sia impianti entrati in esercizio prima del 16/12/2021 che successivamente. La tariffa premio è costituita da una parte fissa, definita in base alla potenza dell’impianto, e da una parte variabile in funzione del prezzo zonale, oltre che da un massimale in funzione della zona geografica per gli impianti FTV.
Il panorama europeo ed italiano in tema di autoconsumo diffuso è articolato e in continuo aggiornamento. La fonte normativa di riferimento sull’argomento è la Direttiva Europea RED II (Renewable Energy Directive 2018/2001), che ha come obiettivo principale l’incremento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili nell’Unione Europea e il coinvolgimento dei cittadini verso la realizzazione di nuovi impianti rinnovabili.
In Italia abbiamo assistito ad una prima disciplina transitoria, con la Legge 8/2020 (conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, c.d. “Mille proroghe”), che ha avviato un percorso di recepimento parziale della direttiva RED II e che limitava la partecipazione alle configurazioni di autoconsumo diffuso solo ad impianti di potenza non superiore a 200 kW, appartenenti alla stessa cabina secondaria e con entrata in esercizio successiva alla data del 1° marzo 2020.
Il secondo importante e determinante passo normativo in Italia è rappresentato dal D.Lgs. 199/2021, che, recependo la Direttiva RED II, ha ampliato il novero degli impianti ammessi alla partecipazione alle CACER. La potenza installabile è stata estesa fino ad 1 MW per singolo impianto e il confine entro cui devono trovarsi i punti di connessione è stato ampliato alla cabina primaria.
Con l’emanazione del TIAD (Testo Integrato per l’Autoconsumo diffuso) è stato poi disciplinato il meccanismo di funzionamento e le modalità di valorizzazione dell’autoconsumo per le sette configurazioni previste dal D.L.gs. 199/2021.
Il quadro normativo è stato infine consolidato, almeno per ora, con il rilascio del Decreto ministeriale CACER n. 414 del 7 dicembre 2023, che è entrato in vigore il 24 gennaio 2024 e reca disposizioni per la definizione degli incentivi e per l’erogazione di contributi in conto capitale, fino al 40% dei costi ammissibili, per lo sviluppo delle comunità energetiche e delle configurazioni di autoconsumo collettivo nei comuni con popolazione sotto i 5000 abitanti. Il 23 febbraio, inoltre, sono state approvate le regole operative sviluppate dal GSE in collaborazione con ARERA, che delineano l’accesso alle tariffe incentivanti e ai contributi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). L’ultimo tassello è stato aggiunto con l’apertura (8 aprile 2024) da parte del GSE di tre piattaforme online attraverso cui gli utenti possono richiedere l’accesso ai contributi PNRR, l’adesione al meccanismo dell’autoconsumo diffuso e una verifica preliminare di ammissibilità dei progetti.
Nonostante l’avanzamento normativo, il quadro regolatorio risulta ancora incerto su alcuni punti fondamentali.
Il Decreto del 24 gennaio 2024 ha introdotto una novità significativa, escludendo gli impianti entrati in esercizio prima della formale costituzione della CER; questa disposizione ha suscitato diverse segnalazioni che hanno portato ad una modifica in sede di definizione delle regole operative.
Ora, gli impianti preesistenti possono essere inclusi nelle CER, a patto che venga fornita documentazione adeguata, sottoscritta prima dell’entrata in esercizio dell’impianto, che attesti la sua realizzazione con l’intento di far parte di una CER. Ad oggi questa disposizione risulta, però, di difficile applicazione, dal momento che non è ancora stata chiarita la tipologia di documentazione ritenuta ammissibile.
Ulteriore questione in attesa di essere dipanata è la previsione per la quale l’eventuale importo della tariffa premio che eccede il 55% dell’energia condivisa incentivabile rispetto al totale dell’energia immessa debba essere destinato ai soli consumatori diversi dalle imprese e/o re-investita per finalità sociali aventi ricadute sul territorio. Il valore soglia del 55% si riduce al 45% nei casi di cumulo della tariffa premio con contributi in conto capitale. Si tratta senza alcun dubbio di un fine coerente con lo spirito della normativa che concretizza l’intento di perseguire, mediante le CER, benefici sociali e ambientali, ma la previsione non trova, per il momento, specifiche operative sulle modalità di applicazione.
Risulta inoltre delicato il tema dei perimetri delle cabine primarie individuati nella mappa interattiva disponibile sul sito del Gestore Servizi Energetici (Gse), che talvolta trascurano le esigenze dei territori andando a dividere i Comuni in più cabine, escludendo così potenziali impianti/consumatori che potrebbero entrare a far parte della Comunità Energetica Rinnovabile.
In un’ultima analisi ci sono poi tutti gli aspetti legati alle forme giuridiche più idonee da adottare per tali configurazioni, argomento su cui il dibattito resta apertissimo e vi sono poche certezze. La fiscalità, inoltre, è uno dei temi non ancora normati ma di grande rilevanza per cui, al momento, le uniche fonti autorevoli sono quelle legate agli interpelli fatti da alcune Comunità Energetiche all’Agenzia delle Entrate. Manca ancora però un chiaro quadro normativo di riferimento.
Le CER, dunque, possono rappresentare preziosi strumenti per far fronte alla dipendenza da fonti di energia fossile, stimolando l’utilizzo e la produzione di energia da fonti rinnovabili riducendo al contempo le emissioni di gas serra e promuovendo il passaggio della produzione energetica da un modello accentrato a un modello di tipo distribuito, governato da prosumers in forma collettiva, che allo stesso tempo producono e consumano energia. Le CER, inoltre, non solo permettono di adottare pratiche più sostenibili ed efficienti dal punto di vista energetico, ma possono rivestire anche un importante ruolo sociale, educando i diversi membri sull’importanza di un futuro più sostenibile e accrescendo la consapevolezza sulla necessità di un cambiamento nell’approccio all’uso delle risorse energetiche.
Il quadro normativo così complesso e l’impatto economico ridotto rispetto alle iniziali aspettative rischiano però di essere un freno importante allo sviluppo di una soluzione che altrimenti potrebbe giocare un ruolo chiave nella transizione energetica.
Se qualche passo in avanti è stato certamente compiuto si auspica che l’interpretazione delle norme possa sciogliere i nodi ancora irrisolti e permettere a più cittadini, imprese, enti locali e pubbliche amministrazioni possibili la collaborazione affinché le Comunità Energetiche possano vedere finalmente la luce.
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