21 Mar CER: La via verso la transizione energetica
Da diversi anni, la transizione energetica – ossia, il passaggio da un mix energetico incentrato sui combustibili fossili a uno a basse o nulle emissioni di carbonio, basato sulle fonti rinnovabili – ha assunto un rilievo centrale a livello internazionale, sovranazionale e nazionale.
In particolare, il tema della transizione verde (anche) in campo energetico costituisce uno dei punti nevralgici dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, ed è sempre più ricorrente anche in seno alle politiche comunitarie. A questo proposito, va ricordato che, nel 2019, con il c.d. Green Deal europeo, l’Unione Europea si è prefissata di raggiungere, per il 2050, un bilancio netto di emissioni climalteranti pari a zero, stabilendo, in tale ottica, una serie di obiettivi intermedi per il 2030. Qualora questo percorso dovesse concludersi con successo, l’Europa diventerebbe il primo continente a impatto climatico zero.
A livello comunitario, peraltro, il raggiungimento della neutralità climatica ha assunto il carattere di obbligo giuridicamente vincolante con la legge europea sul clima (regolamento UE 2021/1119). Al fine di attuare concretamente questa legge, nel luglio del 2021 la Commissione europea ha adottato il pacchetto “Fit for 55”: con esso, l’UE ha reso i propri obiettivi climatici per il 2030 ancora più ambiziosi e stringenti rispetto a quanto precedentemente previsto, ossia:
- il 36/37% di efficienza energetica (+3,5 punti percentuali rispetto al precedente obiettivo);
- il 40% di utilizzo di energia da fonte rinnovabile nei consumi finali lordi (contro il 32% originariamente previsto);
- una riduzione del 55% delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990 – cioè, il 15% in più rispetto a quanto contemplato dai precedenti piani.
Il pacchetto “Fit for 55” contiene inoltre una serie di proposte dirette ad allineare la normativa comunitaria in materia di clima, energia e trasporti agli obiettivi appena indicati, per garantire, nello specifico, che siano realizzati i cambiamenti trasformativi a tal fine necessari nella sfera economica, sociale e industriale.
Transizione energetica: i target italiani.
La transizione energetica rappresenta la chiave di volta della strategia comunitaria per conseguire gli obiettivi climatici fissati per il 2030 e per il 2050, e, di conseguenza, assume un ruolo di prim’ordine anche nei piani elaborati dai singoli Stati Membri per consentire il raggiungimento di tali obiettivi. Segnatamente, il piano a tal fine predisposto dall’Italia – il c.d. PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) – fissa come target:
- una percentuale di energia da fonti rinnovabili nei Consumi Finali Lordi di energia pari al 30%, contro il 32% stabilito a livello di Unione Europea;
- una quota di energia da FER (Fonti di Energia Rinnovabile) nei Consumi Finali Lordi di energia nei trasporti del 22%, a fronte del 14% previsto a livello comunitario;
- una riduzione dei consumi di energia primaria rispetto allo scenario PRIMES 2007 del 43%, rispetto a un obiettivo UE del 32,5%;
- la riduzione dei gas serra, rispetto al 2005, con un obiettivo per tutti i settori non ETS del 33%, superiore del 3% rispetto a quello previsto dall’UE.
La diffusione delle fonti rinnovabili in Italia: stato dell’arte.
Per quanto concerne, nello specifico, la situazione italiana, va sottolineato che, attualmente, il mix energetico nazionale risulta ancora dominato dalle fonti fossili. Inoltre, se è vero che, negli ultimi anni, sono stati compiuti numerosi passi avanti in direzione della decarbonizzazione, è altrettanto vero che nel 2014 si è aperta una fase di stagnazione: da allora, cioè, non sono più stati registrati incrementi rilevanti di fonti rinnovabili in generale, e di fonti rinnovabili applicate al settore elettrico in particolare – principalmente, il riferimento è a fotovoltaico ed eolico, ma anche a biomasse e altre fonti secondarie. Soltanto nel 2020 si è verificata una lieve ripresa dell’incremento di FER – ripresa che, però, nei prossimi anni, dovrà decisamente intensificarsi, per rendere possibile il conseguimento degli obiettivi fissati per il 2030.
Il fatto che, in Italia, gli impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile stentino a decollare emerge chiaramente anche dal recente rapporto “Comunità Rinnovabili 2022” di Legambiente, secondo il quale, nel nostro Paese, tali impianti sono attualmente pari a 1,35 milioni, per 60 GW di potenza complessiva; nel 2021 ne sono stati installati solo 1351 MW. Il contributo apportato al sistema elettrico nazionale è pari soltanto a 115,7 TWh – appena l’1,58% in più rispetto al 2020. Mantenere questo passo significherebbe raggiungere l’obiettivo di 70 GW – fissato per il 2030 – tra 124 anni.
L’esigenza di imprimere al processo di transizione energetica una decisa accelerazione appare, pertanto, ineludibile, non solo per le note istanze ambientali, legate soprattutto al cambiamento climatico, ma anche per una serie di ragioni contingenti, di matrice geopolitica ed economico-finanziaria. È sotto gli occhi di tutti, in particolare, come la guerra scoppiata in Ucraina lo scorso febbraio e tuttora in corso abbia gravemente esacerbato la crisi energetica, che, comunque, già prima dell’inizio del conflitto, si caratterizzava per la tendenza ad un significativo incremento dei prezzi di gas e benzina, così come di quelli dell’energia elettrica – prodotta, in larga misura, da gas e carbone – e per un rischio sempre più concreto di esaurimento, in un’ottica di medio-lungo termine, delle scorte di gas.
In una situazione come quella appena illustrata, la definizione di strategie energetiche imperniate sulla diffusione delle fonti di energia rinnovabile in sostituzione di quelle fossili assume un’importanza cruciale, in un’ottica di sostenibilità ambientale e di promozione dell’autosufficienza (e, quindi, anche dell’indipendenza) energetica.
Il ruolo delle Comunità Energetiche Rinnovabili nella transizione verde.
Tra gli strumenti più idonei a potenziare e, soprattutto, accelerare il processo di transizione energetica spiccano senza dubbio le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER). Queste configurazioni, infatti, individuano uno dei loro tratti caratterizzanti – nonché la loro attività principale – nella produzione e nell’autoconsumo dell’energia derivante da impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile. Favorendo una diffusione sempre più ampia e capillare delle FER, le Comunità Energetiche Rinnovabili si fanno convinte promotrici delle istanze alla base della transizione ecologica.
Il contributo delle Comunità Energetiche Rinnovabili al processo di decarbonizzazione
Più nel dettaglio, secondo lo studio “Il contributo delle comunità energetiche alla decarbonizzazione in Italia”, realizzato nel dicembre del 2020 da Elemens per Legambiente, ipotizzando un pieno recepimento della Direttiva RED II, grazie alla diffusione delle Comunità Energetiche Rinnovabili si potrebbe pervenire, entro il 2030, all’installazione di circa 17,2 GW di nuova capacità rinnovabile. A sua volta, il pieno sviluppo di questo potenziale consentirebbe di incrementare, per il 2030, la produzione elettrica da fonti rinnovabili di circa 22,8 TWh, coprendo circa il 30% della nuova energia rinnovabile prevista dal PNIEC al fine di raggiungere i target di decarbonizzazione fissati a livello europeo. Lo stesso rapporto, inoltre, sottolinea che la diffusione delle Comunità Energetiche Rinnovabili che, verosimilmente, farebbe seguito alla piena attuazione della Direttiva RED II non permetterebbe soltanto di incrementare la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili nel quadro del mix elettrico nazionale, ma favorirebbe altresì il processo di decarbonizzazione nei settori termico e dei trasporti, trasferendo i consumi dai vettori energetici fossili (gas, petrolio e combustibili solidi) a quello elettrico, grazie al minor costo dell’energia da fonte rinnovabile prodotta dagli impianti nella disponibilità della CER e all’incentivo sull’energia condivisa.
Comunità Energetiche Rinnovabili: impulso dai cittadini
Vale la pena di sottolineare, peraltro, che una delle caratteristiche peculiari e maggiormente apprezzabili relativamente al ruolo delle Comunità Energetiche Rinnovabili nel processo transizione energetica risiede nel fatto che il contributo che le CER offrono alla sua promozione ha luogo secondo un approccio innovativo, che muove dal basso anziché dall’alto. Per effetto dell’adesione a una Comunità Energetica Rinnovabile, infatti, i cittadini si trovano coinvolti in prima linea nel processo di transizione verde, e sono invitati – ed incentivati – a prestare attenzione ai propri consumi e ad impostare questi ultimi in un’ottica di risparmio energetico e, quindi, di maggiore sostenibilità. Quello appena descritto rappresenta un tassello importantissimo del meccanismo della transizione energetica. Un processo così pervasivo e complesso, infatti, può essere implementato con successo solo con un approccio bottom-up, anziché top-down: in altri termini, esso non deve essere calato e imposto dall’alto, ma deve collocare i cittadini al centro, affidando loro un ruolo sempre più attivo e responsabile in materia di consumi energetici.
In definitiva, risulta evidente come il cammino verso una produzione di energia principalmente da fonti rinnovabili si prospetti ancora lungo e ricco di ostacoli e di incertezze. È già chiaro, però, che le CER saranno chiamate a rivestire, in questo percorso, un ruolo di fondamentale importanza, offrendo un contributo decisivo alla transizione verde e allo sviluppo sostenibile del nostro Paese.